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La guerra in Ucraina, purtroppo, ha portato grandi sofferenze a tutte le popolazioni coinvolte manifestandosi come una tragedia che avevamo ormai dimenticato in Europa. Difficile immaginare uno scenario peggiore.
Questa condizione ha svelato anche una serie di debolezze economiche che incidono direttamente e indirettamente su tutti i settori. Anche quello alimentare. Le incidenze sono anche indirette, come quelle che riguardano una delle ultime notizie relative allo sciopero dei pescherecci di nazionalità italiana.
Il caro gasolio incide su queste scelte e il settore alimentare viene influenzato da queste condizioni dato che siamo strettamente collegati per l’acquisto di materie prime. Non a caso, uno dei settori più colpiti è quello degli alimenti con grano e mais d’allevamento. In che modo si sviluppa questa dinamica?
Mais e grano, materie prime di Russia e Ucraina
Il problema, chiaramente se ci concentriamo solo sul tema del rincaro dei prezzi rispetto ai prodotti alimentari, riguarda il ruolo che Russia e Ucraina hanno nel mercato dell’esportazione di mais e grano. L’allarme arriva da Coldiretti che in un comunicato stampa lancia un grido di allarme:
Il prezzo del grano è balzato del 38,6% in una settimana dall’inizio della guerra in Ucraina ma ad aumentare del 17% è stato anche il prezzo del mais e del 6% quello della soia per l’alimentazione degli animali.
Quindi, il problema sostanziale è ben definito: prima dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina eravamo strettamente dipendenti da questi paesi.
Non solo per quanto riguarda le forniture di gas, che chiaramente influenzano i costi della produzione e di gestione anche dei retailer. Ma il problema riguarda anche la catena produttiva. Perché Russia e Ucraina rappresentano il 29% dell’export di grano e il 19% di quello di mais. Senza dimenticare l’80% delle esportazioni di olio di girasole. Cosa significa questo esattamente?
Pesanti aumenti dei prezzi al dettaglio per pasta, pane, farine, cereali, biscotti, e dolciumi con rincari tra il 15% e il 30% come indica il presidente di Assoutenti.
Perché la guerra in Ucraina sta aumentando i prezzi delle materie prime necessarie per produrre quella pasta e quel pane che fanno parte del nostro carrello degli acquisti giornalieri? Ecco tutto quello che devi sapere.
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Inflazione, prezzi più alti per i prodotti alimentari
La chiusura dei porti sul Mar Nero e la situazione di estrema incertezza delle attività locali impediscono le spedizioni di materia prima – mais, grano, soia – e creano carenza sul mercato. Una carenza che ha radici profonde.
Infatti, l’Italia ha ridotto sempre di più le quote di terra dedicate alla produzione di grano per rivolgersi principalmente ai paesi in questione. Nello specifico, è stata ridotta di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni.
Come sottolinea questo secondo comunicato stampa della Coldiretti, stiamo attraversando una situazione mai vista in precedenza prima, vale a dire:
Una emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame.
Parliamo di una legge dell’economia: domanda e offerta. Quando un bene manca il prezzo aumenta. Quindi salgono i costi per chi produce alimenti a base di grano e mais, ma anche per gli allevatori che usano la soia per alimentare il bestiame che devono affrontare un aumento della spesa pari al +40% senza dimenticare che il rincaro dell’energia raggiunge addirittura +70%.
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Guerra in Ucraina: quali sono le soluzioni alla crisi?
Diversificare. Da più voci – Coldiretti, Governo, associazioni – arriva il suggerimento che già conosciamo. Dobbiamo diversificare l’importazione e trovare nuove fonti, paesi differenti in grado di fornire il grano necessario a calmierare i costi. Anche per questo motivo consigliamo di dare uno sguardo al nostro e-commerce dove si possono trovare prezzi convenienti.
Allo stesso tempo bisogna sfruttare le risorse interne utilizzando terreni incolti che in Italia sono stati lasciati senza scopo preferendo i costi più convenienti dell’importazione. Sarà un percorso complesso ma forse questa ulteriore situazione di crisi ci aiuterà a raggiungere un livello di sussistenza interna virtuosa, reale, strutturata. E capace di affrontare anche altre crisi in futuro.